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"Parte da una masseria pugliese sequestrata alla criminalità organizzata l’evoluzione del Gruppo Umana Solidarietà che, attraverso il recupero di territori impoveriti, di comunità fragili e di mestieri che nessuno vuole più imparare, lancia la sua azione innovativa in direzione ostinata e contraria: creare occasioni di auto imprenditorialità e di occupazione attraverso l’impresa sociale, affermato modello imprenditoriale “umano”, queste le parole con cui il magazine VITA non profit parla di noi e del nostro progetto a Torre Santa Susanna!

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La rivoluzione del Gruppo Umana Solidarietà parte da un angolo meno conosciuto di quel Salento desiderabile e attraente, che per anni ha portato alle stelle l’accoglienza turistica della regione.
Siamo a Torre Santa Susanna, in provincia di Brindisi, territorio bianco di sole e verde per l’eccellenza dell’olio. Qui, dopo aver partecipato al bando dell’Amministrazione comunale, l’associazione ha avuto in concessione un bene confiscato alla criminalità organizzata composto da una masseria risalente al XVI secolo e da quasi 60 ettari di terreno occupati in gran parte da ulivi.
Un bene di forte valenza etica e identitaria che il Gus vuole restituire alla comunità attraverso un utilizzo sociale, sviluppando in particolar modo attività legate all’agricoltura sociale, al turismo esperienziale e all’artigianato, in grado di stimolare nuove occasioni di imprenditorialità.

Il grande progetto del Gus, denominato “La Torri in campo”, è solo il primo, il più importante, di una serie di attività studiate per migliorare le condizioni socioeconomiche delle comunità più svantaggiate, senza distinzione, da un lato o dall’altro, del colore della pelle, dell’origine sociale o di altre condizioni, e per promuovere la tutela e la valorizzazione dei territori più fragili del nostro Paese, resi maggiormente vulnerabili e impoveriti a causa della pandemia da Sars-Cov-2.
Si può infatti parlare di una vera e propria emergenza umanitaria quella che sta colpendo l’Italia - specie per la desertificazione delle attività produttive e sul fronte dell’occupazione nel Sud-Italia, che al termine della proroga governativa dei licenziamenti ci cadrà pesantemente in testa, in attesa che i fondi europei saranno messi in circolo con auspicati piani di sviluppo territoriale.

È proprio su queste fragilità italiane: borghi in via di spopolamento, beni in stato di degrado in cerca di ricollocazione, comunità disorientate in cerca di orizzonti migliori, che l’associazione, pronta a intercettare i cambiamenti complessi e veloci della società, si vuole cimentare, forte di circa trent’anni di attività trascorse a fronteggiare nella sua natura di ong emergenze umanitarie di altri Paesi, dando vita a interventi di cooperazione per lo sviluppo e iniziative volte alla tutela, all’accoglienza e all’integrazione di rifugiati e richiedenti protezione internazionale in diverse regioni italiane, oltre che di sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto con progetti di riabilitazione sociale.

Andando oltre se stessa e la sua tradizione, in cerca di una nuova motivazione e cercando di aprire un dibattito con le istituzioni locali e centrali, il Gus mette dunque in campo tutta la sua preparazione professionale e umana accumulata e affinata in sei lustri al servizio della parte più bella e struggente del nostro Paese, che soffre dal dopo guerra per una visione e una strategia sbagliata delle sue risorse: avrebbe potuto essere il giardino d’Europa, è stata invece un contenitore di industria pesante, malavitosa e cancerogena.

«Elemento innovativo, identitario dell’iniziativa “La Torri in campo” », spiega il direttore generale dell’associazione Giuseppe Suriano «sarà far diventare la masseria e i suoi terreni un particolare incubatore sociale: non un mero spazio fisico, ma un concreto supporto a più livelli per la creazione di auto imprenditorialità. Oltre all’attività formativa del learning by doing, dove non si sperimenta solo l’apprendimento ma un modello nuovo in cui ciascuno, arricchendolo, porta la propria cultura, tradizione, volontà, capacità e vocazione a “fare impresa”, si svilupperanno azioni concrete finalizzate alla creazione di imprese sociali capaci di riprodurre in questa particolare veste attività similari in altri luoghi o comunità sviluppando azioni virtuose di disseminazioni di buone pratiche».

Un’altra possibilità che il Gus ha di incidere secondo la sua visione in un altro angolo del tessuto sociale pugliese è la gestione di Palazzo Strafella a Morciano di Leuca, un magnifico bene immobile, completamente restaurato al centro del borgo, che potrebbe divenire un contenitore di saperi e di bellezza attraverso il turismo sociale - la struttura è già predisposta all’accoglienza - contribuendo attivamente allo sviluppo della cooperazione sociale e della partecipazione attiva della comunità locale, con conseguenti effetti benefici sui relativi aspetti socioeconomici.

E sempre sulla costruzione di una piena autonomia lavorativa è il Progetto Atelier in azione nelle Marche, in Puglia e in Sardegna, che, incentrato sull’artigianato come professione identitaria comune a più culture, cerca di promuovere l’educazione al lavoro, unico vero welfare sociale, e all’imprenditorialità di comunità come strumento per creare nuove “cellule” inclusive a livello locale, regionale, nazionale, ma anche al di fuori dei confini italiani. Secondo il Gus, infatti, una formazione artigianale dei migranti studiata a tutto campo renderebbe più efficace anche la misura del Ritorno volontario assistito garantita e finanziata dallo Stato e dall’Ue in cui i nuovi artigiani che decidano di rientrare nel loro Paese d’origine, possano riprodurre nella loro comunità il modello di auto imprenditorialità appreso in Italia, in un ritorno consapevole, non da migranti falliti, ma da “pionieri” con un lavoro prezioso nelle mani e con una prospettiva di autonomia e di libertà.

«Si tratta di un’evoluzione della nostra solidarietà scritta nel marchio che ci contraddistingue» conclude Suriano «crediamo infatti che questi piccoli e grandi modelli messi in pista, pur nella loro complessità legata alla burocrazia, ma anche alla mancanza di visione di certi amministratori e di certe associazioni, possano trasformare i territori più fragili con le loro comunità in luoghi di imprenditoria sociale virtuosa, testimoniando appunto che il Sociale può produrre ricchezza. Aggiungerei a quel può anche un “deve”, perché in gioco ci sono preziosi finanziamenti pubblici, che non possono disperdersi, specie in questo momento, in mille rigagnoli di mera natura assistenziale che spesso narcotizzano l’azione e sono incapaci di far nascere piante robuste».

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