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È morto un uomo a San Calogero in Calabria, o meglio è stato ucciso un uomo, sparato a distanza dal tiro di un fucile, colpito con precisione per essere finito. Non è il primo che muore in Calabria e non è il primo ammazzato tra i lavoratori sfruttati nei campi di raccolta, nei luoghi del caporalato, negli spazi nascosti dalla realtà mediatica, dove ciò che mangiamo viene coltivato e curato e raccolto da persone senza cura e senza diritti. Potremmo tacere anche stavolta e continuare a dare il nostro contributo in silenzio, ma riteniamo che questi fatti siano troppo gravi e sentiamo il dovere di parlare partendo dall’idea che anche con le parole si costruisce il mondo e forse questo “nostro Mondo” ha bisogno di essere raccontato con forme più generose e sicure rispetto a quelle violente e respingenti che lo caratterizzano. L’uomo si chiamava Sacko Soumaila, era un giovane maliano, bracciante agricolo e attivista sindacale: uno degli sfruttati che - ogni tanto accade - alza la testa e si ribella. E inizia una lotta impari contro lo sfruttamento del lavoro nero, contro la schiavitù e la violenza di certi inferni in terra nostra. Contro il cannibalismo del mercato affamato di moltiplicare prodotto e profitto. Il GUS esprime la più forte solidarietà verso tutti coloro che, senza mezzi, provano a costruire un’alternativa e provano a dare un respiro di umanità nei luoghi di nessuno, dove la povertà è il primo strumento di dipendenza e di schiavismo. In quei campi transitano senza riposo molti uomini con protezione internazionale o nel pieno diritto di averla, pertanto sentiamo che, nella differenza dei mandati professionali, non possiamo non considerare la trasversale umanità che tutto attraversa e che deve attraversare anche noi. Il GUS oggi più che mai sostiene la parola dei migranti che dopo l’omicidio del giovane maliano si alza collettiva e si fa protagonista. L’incedere di una narrazione tossica, caratterizzata da pregiudizi e stereotipi che alimentano una guerriglia mediatica mirata a distrarre e a difendere un confine artificiale ridicolo; lo stravolgimento dei significati e delle collocazioni tra buono e cattivo e tra giusto e sbagliato; la riscrittura asfittica e neocoloniale della storia dei popoli, sono tutti elementi che rifiutiamo e che non tolleriamo. A tutto questo rispondiamo con la nostra costante presenza sui territori, con il nostro essere a fianco dei gruppi istituzionali e informali che hanno fatto della libertà e del diritto la propria bandiera. Lì siamo noi, cercando parole altre, per provare a scrivere una storia diversa, in cui uno sfruttato possa essere tutelato e possa denunciare senza chiedere permesso. Dove la legge funzioni davvero e lo Stato possa essere costituzionalmente protettivo nei confronti di tutti, indipendentemente dalla provenienza, dal colore, dalla lingua, dallo status o da qualsiasi altra variazione possibile. Di tutte le categorie quella che tutte contiene è l’umanità: facciamo in modo che riacquisti il suo senso.

? ANSA/ CIRO FUSCO
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